Fatti successivi al 15/12/2011


Fatti successivi al 15/12/2011

Tutto ciò, ho scritto, sino alle ore 5:45 del 15 dicembre 2011, quando due sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri suonarono al citofono del mio appartamento a Roma. Considerata l’ora, mia moglie gli chiedeva se fossero potuti tornare più tardi. Non fu ovviamente possibile.

Mi notificarono un’ordinanza applicativa di misure cautelari di circa 700 pagine, contenente un avviso di garanzia. No, non si preoccupi l’incauto lettore, impiegherò solo poche righe per riassumere l’ipotesi accusatoria che scoprii quella mattina, nell’ambito di una più ampia indagine su altri sei imputati, riguardava oltre che me, anche mia moglie Arianna.

L’avviso di garanzia mi informava che erano in corso delle indagini per verificare il compimento di reati che andavano:

1) dall’associazione a delinquere di cui all’art. 416 c.p.

2) al concorso in abuso di ufficio di cui all’art. 328 c.p.

3) al concorso nella violazione del segreto d’ufficio, di cui all’art. 326 c.p.

Quale misura cautelare, mi fu imposto, tutti i giorni della settimana, festivi compresi ed eravamo in prossimità del Natale, l’obbligo di firma: dovevo recarmi due volte al giorno, alle 9 ed alle 18 presso il Commissariato di P.S. di zona per apporre la firma su un apposito registro, in genere utilizzato per prostitute, spacciatori e delinquenti abituali. Casualmente, una misura analoga fu stabilita in Sud Africa, qualche tempo dopo, per Oscar Pistorius, con la differenza che lui, prima accusato e poi condannato per omicidio, avrebbe dovuto presentarsi una sola volta a settimana in Commissariato.

Quindici ore dopo, alle 20:45 di quello stesso 15 Dicembre 2011

a seguito del colloquio avuto con il Direttore del Personale del GSE spa, società per cui lavoravo da oltre sette anni, al quale riferii di non capire di cosa in concreto mi si accusasse e che evidentemente si trattava di un teorema privo di ogni fondamento, mi sono ritrovato senza stipendio, senza contributi previdenziali, senza autovettura, senza computer, senza telefonino, senza assicurazione sanitaria, mi fu sottratta, in due parole la dignità del lavoro.

Da quel 15 dicembre 2011 il mio tempo si è fermato, tutto era stato resettato, nulla sarebbe più stato come prima. All’epoca non potevo ancora immaginarlo.

Sono state decine, 42 per l’esattezza, i curricula che ho inviato nei mesi e negli anni successivi per trovare un nuovo lavoro, dopo averli naturalmente aggiornati con l’avviso di garanzia. Non mi meraviglio però che siano rimasti senza risposta, se anche persone della ristretta cerchia familiare non mi hanno teso la mano. Non scriverò di tutto ciò che di orribile è accaduto nella nostra vita nei 1272 giorni che sono seguiti. Non vi dirò del voltafaccia di compagni di scuola sia miei che dei miei figli, di quelli di colleghi di lavoro, di persone che sino al giorno prima consideravo amici, non scriverò della solitudine e della depressione in cui siamo caduti o dell’utilizzo dei risparmi cui ho dovuto attingere per sopravvivere senza più un lavoro, dell’indifferenza, nel migliore dei casi di alcuni dei parenti. In quegli anni ho compreso il significato del termine tedesco "Schadenfreude" il godere dell’altrui disgrazia.

Dopo 1272 giorni, (5 in più di quanto sia durata per l’Italia la I Guerra Mondiale) alle ore 15:30 del 10 giugno del 2015 il Giudice dell’Udienza preliminare, quindi ancor prima dell’inizio del processo, assolveva con formula piena me e mia moglie Arianna Belloni dichiarando di NON doversi procedere perchè il fatto non sussiste.

Il Giudice dell’udienza preliminare Dott. R. Cappitelli assolveva con la più ampia formula tra gli altri imputati il sottoscritto nonché mia moglie Arianna Belloni dichiarando di non doversi procedere perché il fatto non sussiste per il reato di associazione a delinquere, ed il sottoscritto dal reato di concorso in rifiuto di atti di ufficio per non aver commesso il fatto. Con poche, ma efficaci battute, non contestate dall’accusa e perciò passate in giudicato, il Giudice dell’udienza preliminare con quella decisione ha demolito completamente ancor prima del dibattimento, il teorema su cui si fondavano i due reati.

Con la sua decisione il GUP in buona sostanza ha affermato che quelle formulate dall’accusa nel 2011 potevano essere al massimo delle ipotesi d’indagini, che a valle degli opportuni approfondimenti, ancor prima dell’avviso di garanzia, avrebbero dovuto essere archiviate senza seguiti.

Così, purtroppo, non è stato e ancor oggi l’eco sinistro dello sconquasso di quel 15 dicembre 2011 è ancora lì in tutta evidenza il rumore di fondo che cadenza le nostre giornate.